IL  TELYT-R  350mm f/4,8  DEL  1980: 

L'ULTIMO  "CANNONE"  TRADIZIONALE

DI  CASA  LEITZ
di Marco Cavina


(29/08/2012)


Contrariamente a quanto avveniva nella produzione dello storico rivale con sede ad Oberkochen, per il quale si arriverà addirittura a parlare di "idiosincrasia Zeiss" per i teleobiettivi, la Leitz curava particolarmente la gamma di focali lunghe per il suo sistema reflex, forte di una tradizione storica che affonda le radici nel Telyt 40cm f/5 TLCOO del 1937, passando per i voluminosi catadiottrici da 400mm f/5, 600mm f/5 ed 880mm f/9,5 impiegati in tempo di guerra su dispositivi di "harbour surveillance" ad infrarossi prodotti in collaborazione con la AEG e denominati "Kikinar", senza dimenticare molti interessanti prototipi a suo tempo esposti nel museo di Wetzlar: una specializzazione che, ai tempi delle Leica a telemetro, doveva fare i conti con oggettivi problemi di messa a fuoco ed inquadratura precisa, richiedendo complessi accessori ausiliari, mentre il sistema Leicaflex - Leica R lasciava briglie sciolte ai "cannoni" che scrutano lontano.

A fine anni '70, dunque, per il sistema Leica R3 erano disponibili e/o compatibili ben tre 180mm (f/2,8 - f/3,4 apo - f/4), un 250mm f/4, gli acromatici 400mm f/5,6 e 560mm f/5,6 in montatura a fuoco rapido Televit (ormai non più prodotti), gli acromatici 400mm f/6,8 e 560mm f/6,8 ed il mastodontico Telyt-S 800mm f/6,3; purtroppo le focali maggiori, da 400mm ad 800mm, erano equipaggiate con diaframmi a preselezione che complicavano l'impiego pratico e costituivano evidenti stimmate di obsolescenza.

Alla Photokina del 1980 la Leitz mise in atto uno sforzo veramente significativo, presentando una notevole gamma di novità: la nuova reflex multi-mode Leica R4 Mot Electronic, che introduceva una nouvelle vague nel design che riscosse consensi unanimi, la telemetro Leica M4-P, evoluta dalla M4-2 aggiornando le cornicette del mirino, ed una impressionante serie di nuove ottiche, destinate a colmare le lacune ancora esistenti nei corredi M ed R: videro così la luce il Super-Elmar-R 15mm f/3,5, l'Elmarit-M 21mm f/2,8, un lifting meccanico per il Macro-Elmarit-R 60mm f/2,8,  il Summilux-M 75mm f/1,4, il Summilux-R 80mm f/1,4, la nuova versione del Summicron-M 90mm f/2 con montatura compatta e schema modificato da 6 a 5 lenti, una riedizione dell'Elmarit-R 180mm f/2,8 e del Telyt-R 250mm f/4 (otticamente ricalcolati), il MR-Telyt 500mm f/8 catadiottrico su progetto base Minolta ed il corpulento Telyt-R 350mm f/4,8, lungo fuoco a rifrazione non più basato su un semplice doppietto acromatico ma su un vero schema teleobiettivo, con diaframma automatico e messa a fuoco flottante movimentata da una classica ghiera a rotazione.

Il Telyt-R 350mm f/4,8 colmava dunque il gap fra il Telyt-R 250mm f/4 ed i lunghi fuochi acromatici da 400, 560 ed 800mm che risultavano ingombranti e spesso non facili da mettere in opera. Ecco le principali caratteristiche di questo lungo teleobiettivo Leitz.

La parte ottica venne progettata dal quel monumento vivente di Walter Mandler, padre di una miriade di obiettivi Leitz, e questo Telyt-R 350mm f/4,8, assieme ai Summilux-M 75mm f/1,4 - Summilux R 80mm f/1,4, all'Elmarit-M 21mm f/2,8 e al Telyt-R 250mm f/4 secondo tipo, va a costituire l'ultimo manipolo di obiettivi realizzati nell'arco di una carriera irripetibile.

L'archetipo dei teleobiettivi moderni creati da Mandler per Leitz è rappresentata dal Telyt 200mm f/4 11063 - TELOO, calcolato nel 1959 e lanciato nel 1960; in questo schema, il doppietto anteriore spaziato ad aria  inizializza l'immagine e contribuisce al controllo dell'aberrazione cromatica, mentre gli elementi divergenti posteriori svolgono una duplice funzione: ridurre la lunghezza fisica dell'obiettivo e controllare la distorsione. Il vero limite di questa concezione sta nella necessità di focheggiare spostando l'intero gruppo ottico, caratterizzato da una massa non indifferente. Una successiva evoluzione è costituita dal Telyt-R 250mm f/4 primo tipo, 11920, del 1970, dove lo schema viene scomposto in un tripletto anteriore spaziato ad aria ed un modulo posteriore con doppietto collato; le sue dimensioni fisiche permettono di produrre un obiettivo di lunghezza contenuta ma le grandi lenti anteriori gravano sulla bilancia e, come nel caso precedente, lo schema rigido penalizza una facile messa a fuoco. Con i Nuovi Telyt-R 250mm f/4 tipo 11925 e 350mm f/4,8 tipo 11915, presentati nel 1980, Mandler sdoppia l'obiettivo in due moduli, riprendendo in linea di concetto l'architettura del Telyt 200mm f/4 e trasformandola nel membro anteriore di un sistema fornito anche di un gruppo posteriore di 3 lenti in 2 gruppi; in questo caso la messa a fuoco avviene movimentando solamente il modulo anteriore, mentre il posteriore staziona assieme al diaframma, con diversi vantaggi: meno massa da movimentare per gli elicoidi, corsa più corta per la ghiera e controllo delle aberrazioni a distanza ravvicinata, con la possibilità di ridurre la distanza minima. Nel caso del 350mm f/4,8 protagonista di queste righe il modulo anteriore si differenzia dal modello Telyt 200mm e le due lenti posteriori sono raggruppate in un doppietto acromatico, introdotto per controllare meglio l'aberrazione cromatica in una focale così lunga.

Già a prima vista è facile notare la matrice comune che caratterizza i Telyt-R da 250mm e 350mm lanciati alla Photokina 1980.

Come si può notare, lo schema del 350mm è stato concepito anche per ridurre gli ingombri fisici dell'obiettivo, ed infatti i punti principali H ed H' sono posizionati davanti alla lente anteriore; nello spaccato inferiore è stato evidenziato il gruppo che consente la messa a fuoco mentre la freccia indica i punti coassiali di intersezione del cannotto fra il modulo mobile e la parte posteriore dell'obiettivo, fissa.

Come anticipato nella scheda con le caratteristiche, per quest'obiettivo in versione definitiva furono registrate 2.600 matricole (1.000 nel 1981, 1.000 nel 1983 e 600 nel 1986), cui dovrebbe corrispondere un numero equipollente di pezzi prodotti; si tratta quindi di un obiettivo prodotto in serie decisamente limitata e non facile da trovare; in realtà, nel 1979, erano già stati assemblati 50 esemplari (matricole da 2.991.151 a 2.991.200) in montatura prototipica, con un barilotto non definitivo: molti di questi obiettivi furono forniti a fotografi - ovviamente Leica-oriented, la macchina ufficiale dell'evento era la Canon F1! - accreditati alle Olimpiadi invernali di Lake Placid 1980, al fine di raccogliere utili informazioni e suggerimenti pratici su eventuali modifiche da apportare per definire la montatura di produzione; l'immagine seguente illustra uno di questi prototipi.


La montatura prototipica degli esemplari assemblati nel 1979 si caratterizza per l'assenza del collare rotante con attacco per treppiedi; inoltre, la ghiera di messa a fuoco ha un settore più ridotto, ha ghiera del diaframma risulta più avanzata, l'intero barilotto è più rettilineo e presenta uno strombo all'estremità; la tradizione di affidare a professionisti i prototipi di preserie per ricavare suggerimenti sul come "affinare" il prodotto è una costante nella produzione Leitz: fu così per i Telyt acromatici 400mm e 560mm f/6,8, testati alle Olimpiadi invernali di Grenoble del 1968, per L'Apo-Telyt 280mm f/2,8 (provato alle Olimpiadi invernali di Sarajevo 1984) ed anche per l'Apo-Telyt 400mm f/2,8, utilizzato alle Olimpiadi di Seoul 1988 e lungamente impiegato sul campo anche da fotografi naturalisti a fine anni '80 prima di definire la versione finale. Alcuni esemplari prototipici del Telyt-R 350mm f/4,8 riportano una matricola anomala nell'ordine di 5.17x.xxx, un lotto solitamente assegnato ai prototipi Leitz così come in casa Zeiss avveniva per lotti di numerazione nell'intorno di 2.5xx.xxx.

La versione definitiva presentata alla Photokina 1980 faceva tesoro dei suggerimenti raccolti e presentava un collare di serraggio con doppio attacco filettato da 1/4" (da impiegare utilizzando apparecchi con o senza motor drive, per bilanciare il baricentro) e blocco della rotazione ogni 90°; la ghiera del diaframma era arretrata a filo di baionetta, ed il barilotto si allargava all'altezza del collare di serraggio, presentando anche una ghiera di messa a fuoco sovradimensionata ed una sezione anteriore lineare, priva di strombo ed equipaggiata con un lungo paraluce telescopico che, tuttavia, può essere estratto per soli 43,5mm. Nell'illustrazione il mio esemplare personale è montato su Leica R7 con motor drive che, condividendo le quote del corpo col modello R4, rende il senso delle proporzioni originali; naturalmente l'obiettivo presenta dimensioni non trascurabili (282mm di lunghezza per 83,5mm di diametro massimo) e la qualità Leitz si paga anche in termini di peso (1.820g dichiarati, 1.912g effettivi con i tappi), tuttavia è ancora possibile il regolare utilizzo a mano libera, con i soliti ed ovvi accorgimenti (messa a fuoco precisa, tempi di posa rapidi per scongiurare il mosso, postura corretta per stabilizzare l'inquadratura prima di scattare). L'ottica fu disponibile a listino fino al 1993, sebbene, come visto, la produzione effettiva sia terminata nel 1986, andando poi ad esaurimento con le scorte di magazzino. L'obiettivo, per la sua focale importante e lo schema ottico e la struttura tradizionali (un doppietto acromatico con diaframma manuale e fuoco telescopico lineare come i precedenti Telyt 400mm e 560mm era molto più semplice ed economico da produrre), ha sempre avuto un prezzo di vendita molto importante e selettivo, giustificando gli appena 2.650 esemplari prodotti; il listino ufficiale Polyphoto 04/1992 indica un costo ivato di ben 7.749.500 Lire, quando all'epoca con meno di 2.000.000 di lire si portava a casa un fiammante e professionale Nikon AF zoom-Nikkor 80-200mm f/2,8 ED...

Il Telyt-R 350mm f/4,8 si presenta con l'aspetto elegante, lineare e moderno, degli obiettivi Leica R di ultima generazione; a sinistra si può notare l'apprezzabile allungamento del barilotto - esattamente 27,05mm - passando da infinito alla distanza di fuoco minima (3m), una caratteristica che, assieme alla massa movimentata, non restituisce all'utente in modo completo i tipici vantaggi della messa a fuoco flottante, richiedendo comunque una certa energia nell'azionamento (specie se, con gli anni, i lubrificanti hanno perso efficacia) ed un giro quasi completo per accedere ai due estremi; entrambi i fondo-corsa consentono di superare l'indicazione della rispettiva misura: su infinito per compensare le dilatazioni termiche dell'obiettivo esposto al sole diretto e a 3m, probabilmente, per consentire l'indicizzazione per l'infrarosso anche alla distanza minima, quantunque, come di consueto per Leitz, non sia presente la relativa linea di fede. Il diaframma, ottagonale con lamelle arrotondate per un piacevole bo-keh, chiude con arresti a scatto sui mezzi valori fino ad f/22 ed il diametro non eccessivo della lente anteriore ha reso superfluo l'impiego di filtri a cassetto, essendo predisposta una convenzionale filettatura E77 (77mm x 0,75mm), molto pratica perchè consente a chi volesse utilizzarlo - con adattatore - su una moderna Canon EOS digitale full-frame di riciclare i filtri già utilizzati sugli zoom professionali Canon serie L eventualmente posseduti. Per non incidere sull'ingombro dell'obiettivo, mantenendolo snello, il collare rotante con piastra d'attacco al treppiedi è stato mantenuto su dimensioni veramente minimali; questo non pregiudica la solita robustezza Leitz ma, nell'uso pratico a mano libera, camminando con l'obiettivo equipaggiato di apparecchio e motore, la mano fatica a trovare prese di forza ed una staffa più distanziata dal barilotto, come avviene nei moderni tele giapponesi, costituirebbe un utile appiglio per ridurre lo sforzo della mano; nella terza immagine si nota il profilo sinistro del collare col minimale pulsante di sblocco per la rotazione (sicuramente meno esposto a sverniciature accidentali dei classici nottolini a vite), dotato di molla antagonista, e le diciture "LENS MADE IN GERMANY" e "E77", con riferimento al passo filtri. La montatura trasmette tangibilmente il senso dell'alta qualità e non è possibile rilevare qualsivoglia tolleranza o gioco meccanico al punto che, collassando il paraluce telescopico col tappo anteriore calzato, quest'ultimo viene letteralmente proiettato via dall'aria compressa durante l'operazione che non trova alcuno sfogo...

La zona del punto di fede mostra i riferimenti per la profondità di campo (davvero poco indicativi in una focale così lunga), la sfera rossa di riferimento tattile per il montaggio sul corpo macchina e l'indicazione della focale; notate come gli smalti risultino depositati nei relativi alveoli in modo leggermente approssimativo (ed il altri obiettivi Leitz si incontrano imperfezioni anche più vistose), mentre - storicamente - la migliore concorrenza giapponese non ha mai avuto problemi del genere, presentando smalti perfettamente deposti ed asciugati in sede: probabilmente - è un'opinione personale - alla Leitz non avevano trovato un partner tecnologico nel settore adeguato a quelli che rifornivano i brand nipponici. Notate infine la finitura raggrinzente del collare e le sottilissime scanalature parallele prodotte dalla fresa sull'alluminio dell'obiettivo.

I "dati di targa" sono riportati sull'anello di battuta del paraluce e risultano sempre, volontariamente, orientati in fase con la linea di fede della messa a fuoco.

La classica baionetta Leica R del Telyt-R 350mm f/4,8, viste le masse in gioco, è saldamente assicurata con 6 viti; l'obiettivo è equipaggiato con 3 camme e presenta un light baffle posteriore, in finitura opaca, che raccorda la lente posteriore alla baionetta stessa. Notate il diametro esiguo delle lenti posteriori: in effetti Mandler, per garantire all'obiettivo un barilotto sufficientemente snello e restare nell'ambito del comune passo filtri 77mm, non ha abbondato con i diametri delle lenti, e come vedremo l'obiettivo presenta una certa vignettatura, peraltro ufficialmente dichiarata anche dalla stessa Casa. La freccia blu indica il pulsante che sblocca il collare, consentendo la rotazione dell'obiettivo.

L'obiettivo utilizzava il classico tappo posteriore 14162 mentre il tappo anteriore è specifico, realizzato in resina semirigida con finitura a texture rugosa e 4 serigrafie Leitz di colore bianco sul frontale; questo tappo, codice 14284, ha un diametro utile di 83,5mm (corrispondente al diametro esterno del paraluce estraibile) e nella parte interna presenta una striscia di feltro incollato per evitare danni al paraluce; un tappo assolutamente analogo veniva fornito anche con il coevo MR-Telyt-R 500mm f/8 a specchi.

Della dotazione standard fa parte anche un bussolotto in nappa bovina di colore nero, marcato Germany sul fondello, con apertura garantita da un automatico; sul coperchio fa mostra di se il marchio Leitz punzonato a pressione e veniva fornita anche l'apposita cinghia da spalla per il bussolotto stesso.

La focale 350mm, cui corrispondono 7° di campo sulla diagonale di 43,2mm del formato 24x36mm, è davvero insolita e probabilmente è stata scelta per collocarsi senza evidenti sovrapposizioni fra i 250mm del Telyt-R ed i 500mm del MR-Telyt, presentato in contemporanea; altri famosi obiettivi che condividono la stessa lunghezza focale sono lo zoom Canon EF 35-350mm f/3,5-5,6 L, il Nikkor-T 350mm f/4,5 del 1959 per Nikon S a telemetro (e, con adattatore S - F, anche per Nikon F) e lo Zeiss Tele-Tessar 350mm f/5,6 C e CF per Hasselblad serie V; in altri casi la focale sfumava a 360mm, come nel caso dello zoom-Nikkor 360-1200mm f/11 ED, del Nikkor-T 360mm f/8 ED per grandi formati o dell'EL-Nikkor 360mm f/5,6 da ingrandimento.

Gli ingombri importanti sono evidenziati da questa immagine, dove il Telyt-R 350mm f/4,8 tipo 11915 è abbinato all'Apo-Telyt-R 180mm f/3,4 tipo 11240 e all'Elmarit-R 180mm f/2,8 tipo 11919.

Un accessorio che può rivelarsi utile e che venne presentato simultaneamente al Telyt-R 350mm, alla Photokina 1980, è il moltiplicatore di focale Leitz Extender-R 2x, il primo duplicatore prodotto dalla Casa per raddoppiare la lunghezza focale dei suoi obiettivi da 50mm ad 800mm, con luminosità pari od inferiore ad f/2.

Tale accessorio, codificato come 11236 (compatibile con i corpi R) o 11237 (idoneo ai modelli Leicaflex SL ed SL2), utilizza in pratica lo stesso chassis del tubo di prolunga Macro-Extender-R da 30mm concepito per accoppiarsi alla nuova versione del Macro-Elmarit-R 60mm f/2,8, anch'esso lanciato alla Photokina 1980, ed applicato al Telyt-R 350mm costituisce un sistema da 700mm f/9,6, una luminosità sicuramente modesta che rende impossibile focheggiare con vetro di messa a fuoco standard con stigmometro e corona di microprismi, inevitabilmente scuri, richiedendo l'adozione di un vetro completamente smerigliato; nelle attuali combinazioni con corpi reflex digitali di altri costruttori è senz'altro preferibile focheggiare in live-view a forte ingrandimento, possibilmente su treppiedi per stabilizzare la visione.

Il Leitz Extender-R 2x si avvale di un minuscolo nocciolo ottico di 5 lenti in 4 gruppi, 3 delle quali, tuttavia, realizzate col celeberrimo vetro ottico Leitz tipo 900/1 - 900405, famoso come "vetro Noctilux" perchè è presente nello schema ottico sia della versione f/1,2 asferica che della versione f/1,0, un vetro della serie lanthanum dense Flint che è ai limiti fisici del fattibile e che risulta molto costoso: sarà forse per questo che l'Extender-R veniva proposto nel 1992 (listino ufficiale Polyphoto) al prezzo mozzafiato di 2.380.000 Lire? Lo schema molto rientrante lascia spazio alle lenti posteriori molto arretrate di modelli come il Summicron-R 50mm f/2 ma questa configurazione, priva del necessario "avanzamento" per inteccettare le grandi pupille di uscita telecentriche dei lunghi teleobiettivi, da luogo ad una certa vignettatura con focali da 400mm in su, tuttavia col Telyt-R 350mm f/4,8 non ho rilevato nulla di allarmante...

...soprattutto a cagione del fatto che l'ultima lente posteriore dell'obiettivo è di piccolo diametro e sufficientemente vicina alla baionetta posteriore da generare una proiezione che viene ben intercettata dal duplicatore.

La rimarchevole compattezza dell'Extender-R 2x aumentano in modo quasi impercettibile le dimensioni del voluminoso obiettivo, un fattore sicuramente positivo.

Infatti, applicando il relativo moltiplicatore 2x originale allo zoom Canon EF - L che dispone di analoga lunghezza focale, il maggior ingombro dell'extender giapponese pareggia quasi gli ingombri del Telyt-R munito di 2x Leitz!

Il Telyt-R 350mm f/4,8 è un obiettivo storicamente molto importante perchè vive in una sorta di limbo, costituendo l'ultimo potente teleobiettivo realizzato da una grande Casa prima dell'avvento in uso generalizzato dei vetri cosiddetti ED, caratterizzati da una dispersione molto contenuta (numero di Abbe >80), dotati di dispersione parziale parimenti anomala ed in grado di sopprimere drasticamente lo spettro secondario, tipica causa di fringings nei passaggi ad alto contrasto e dei cali di definizione che caratterizzano, in varia misura, i super-tele tradizionali; proprio l'accesso a costo ragionevole a vetri a bassa dispersione e superfici asferiche realizzate con nuove ed articolare tecnologie ha consentito un grande progresso nella progettazione di obiettivi dalle focali estreme, al punto che oggi il vero discriminante sta nelle tolleranze di assemblaggio e non nel progetto in se; Leitz sarebbe arrivata ad impiegare vetri ED propriamente detti solamente 4 anni dopo, con l'Apo-Telyt-R 280mm f/2,8 (lo stesso apo-Telyt-R 180mm f/3,4, contrariamente a quanto si creda, utilizza uno speciale vetro PSK che presenta un numero di Abbe di poco superiore a 66, quindi non è un materiale ED tout court come lo intendiamo oggi: la quadratura di questo 180 sta nell'alchimia delle combinazioni e delle reciproche relazioni della dispersione parziale anomala, non nell'impiego di materiali "magici"); forse la Casa venne penalizzata in questo dal suo orgoglio autarchico che le impediva di attingere liberamente ai materiali ED regolarmente disponibili nei listini di vetrerie come Schott, Hoya, Ohara, Corning, Hikari, etc.; fatto sta che Mandler, progettando il suo 350mm a rifrazione, non fu autorizzato ad prevedere gli ormai diffusi vetri ED con numero di Abbe vD = 81,6 come lo Schott N-PK52A, l'Hikari E-FK01, l'Ohara S-FPL51, L'Hoya FCD1 o il Sumita PFK80, oggi presenti a manciate in molti obiettivi moderni, e con questa "armi spuntate", utilizzando quanto era disponibile fra i vetri Leitz a dispersione contenuta del momento, dovette realizzare un supetele di questa focale.

Mandler, come al solito, si rivelò geniale, realizzando un teleobiettivo che corregge lo spettro secondario per quanto sia possibile con materiali più tradizionali, puntando invece a incrementare la percezione soggettiva di qualità fornendo al Telyt-R 350mm un contrasto veramente eccellente, che si rivelava utilissimo anche per abbattere la percezione di foschia generata dal velo atmosferico a lunga distanza; le quote meccaniche, evidentemente imposte, non gli consentirono di eliminare completamente la vignettatura ai diaframmi maggiori e queste due caratteristiche (contrasto molto elevato e vignettatura non completamente corretta), secondo il mio personale e non condivisibile parere, donano all'obiettivo un vocabolario molto affine a quello delle ottiche Leica M, caratterizzate appunto da contrasti vispi, neri profondi ed una vignettatura che inquarta l'immagine come in una cornice.

Vediamo come si comporta il nostro campione proiettandolo di forza nell'epoca moderna ed abbinandolo ad una Canon EOS 5D Mark II e scattando in RAW a 14bit con apertura f/8, considerata la migliore dagli utenti del Telyt-R 350mm (riprese a mano libera, camminando per la città, in manuale con 1/500" - 1/640", variando di conseguenza i valori ISO da 100 fino a 400 a seconda delle esigenze).

Questa vista del campanile benedettino di S. Maria Foris Portam a Faenza, vecchio di quasi 1.000 anni, mostra subito il suo tipico comportamento: vignettatura percettibile, nettezza complessiva nella riproduzione del soggetto, nessuna soglia di velo nelle ombre ed una tendenza a rimarcare i toni freddi nei colori e nelle ombre.

Un crop al 100% dell'immagine originale (5.616 x 3.744 pixel, 21,1 megapixel) rivela un dettaglio soddisfacente, sebbene non proprio calligrafico come quello esibito dai più moderni migliori tele - anche zoom - apocromatici; si tratta comunque di un'ottima prestazione.

Elevato contrasto anche nella riproduzione di questo rilievo architettonico; la Casa dichiarava un alto contrasto ed una buona resa dei dettagli, con ottima tenuta del flare, ammettendo però, oltre alla vignettatura, la persistenza di un certo residuo di spettro secondario che, sebbene ridotto al minimo grazie all'adozione di non meglio specificati "vetri speciali" concepiti nella vetreria interna, poteva diventare visibile nell'uso pratico sotto forma di fringings nei passaggi ad altro contrasto; casualmente, il pacchetto sensore-filtri-chipset della EOS 5D Mark II è uno dei più efficaci "esaltatori" di fringing esistenti, quindi osserviamo in dettaglio
il comportamento del Telyt ingrandendo al 100% questa immagine.

La frangiatura, su un dettaglio al lato del fotogramma, più critico, appare vistosa, ma occorre considerare che un simile ingrandimento in visione è pura teoria, nell'impiego pratico ed in stampa il difetto di riproduzione non sarebbe così percettibile; ad ogni modo si tratta di un fringing abbastanza anomalo, perchè, solitamente, i colori da correggere sono rosso/ciano e molto di rado si richiede un intervento nel range del blu-violetto/giallo... In questo caso ho aperto il file nel plug-in Adobe Camera Raw di Adobe Photoshop CS5, ed una mappatura pari a -50 sul blu/giallo con un ritocchino di +6 al rosso/cian è sufficiente per eliminare l'inconveniente in modo quasi completo, sebbene l'entità della correzione richiesta non sia trascurabile.

Impianto che ricorda la resa Leica M anche in questo dettaglio architettonico dello spiovente di casa Morri-Gaudenzi, con un piacevole contrasto che supporta molto bene la risoluzione disponibile; notate anche qui la pronta esaltazione di ogni minima dominante fredda.

Considerazione analoga per questo particolare di palazzo Zucchini: buon contrasto e visibile viraggio a tonalità fredde nelle zone d'ombra illuminate indirettamente dal cielo.

La distanza di messa a fuoco minima di appena 3m è favorevole (consente di inquadrare un soggetto di 171 x 257mm) e grazie al flottaggio la resa ottica rimane buona anche alle coniugate brevi; naturalmente occorre fare i conti con una profondità di campo ridotta.

L'obiettivo è quindi in grado di fornire tuttora ottime prestazioni, con risoluzione buona ed elevato contrasto, senza interriflessioni interne al barilotto nonostante l'ampio spazio fra gli elementi ottici; per quanto riguarda la sua propensione a riprodurre vividamente i colori bleu del cielo e ad esaltare le dominanti fredde, vorrei proporre un'ipotesi.

I "vetri speciali" adottati da Mandler e sbandierati dalla rèclame del Marchio appartengono sicuramente ad una serie di mescole di tipo PK - PSK ad alto contenuto di fluoruri e metafostati ideati dai due geniali chimici della vetreria di Wetzlar, Heinz Broemer e Norbert Meinert, fra metà anni '60 ed inizio anni '70; allego alcuni schemi che riportano la composizione chimica di tali vetri e le relative caratteristiche di rifrazione, dispersione e dispersione parziale anomala.

Come si può notare, questi vetri non presentano valori dispersivi vE (riferiti alla lunghezza d'onda E-line, green mercury line, 546,074nm) eccezionali, attestandosi su un numero di Abbe compreso fra circa 65 e circa 70, mentre i vetri ED propriamente detti superano il valore 80, ma la loro rifrazione nE in rapporto a vE e la loro dispersione parziale anomala consentono di utilizzarli con profitto nella produzione di teleobiettivi ben corretti; quello che va sottolineato è come tutti questi vetri siano realizzati utilizzando grandi quantità di metafosfati e fluoruri (fluoruro di calcio, magnesio, stronzio, litio, bario, alluminio, lantanio, quest'ultimo da non confondere con il suo ossido, parimenti molto usato nei vetri ottici) , tutti materiali che presentano una eccezionale trasparenza alle lunghezze più corte della luce visibile fino all'ultravioletto, e va ricordato che un vetro di questa concezione, il classico FK5, è quello (fra i vetri tradizionali e a listino) che trasmette la luce fino alle lunghezze d'onda più corte, garantendo il 40% di permeabilità all'ultravioletto a 280nm ed il 7% a 270nm di lunghezza d'onda, quando i vetri comuni tagliano in modo evidente già a 380nm.

E' quindi possibile che questa propensione a trasmettere così bene le frequenze più corte del visibile dipenda proprio dalle caratteristiche intrinseche dei vetri a dispersione contenuta utilizzati nella sua confezione; ricordo che una situazione analoga si verificò, nel 1961, anche con i primi modelli del Nikkor-Q Auto 20cm f/4 per Nikon F, dove l'adozione di vetri con queste caratteristiche garantiva una tale trasparenza alle lunghezze d'onda corte da fornire addirittura una dominante fredda generalizzata.

Per sintetizzare, il Telyt-R 350mm f/4,8 è il più potente teleobiettivo Leica R a rifrazione dotato di schema ottico e vetri tradizionali, messa a fuoco elicoidale e diaframma automatico; il suo prezzo elevatissimo ha contenuto la produzione in appena 2.650 esemplari ma, a parte la sua relativa rarità, è interessante proprio perchè sintetizza e cristallizza un momento storico estremamente importante per la Leitz e per l'ottica in generale: è l'ultimo, grande supertele di elevate prestazioni ottenuto, sicuramente con grandi difficoltà di calcolo, in assenza di vetri ED, pur garantendo una resa elevata e degna del Marchio; se non bastasse, rientra nel ristrettissimo novero degli ultimi calcoli realizzati da Walter Mandler, in pratica il suo canto del cigno dopo il grande acuto targato Apo-Telyt 180; tutte queste caratteristiche, oltre alla magnifica fattura, ne fanno un obiettivo molto interessante e collezionabile dopo anni in cui, sicuramente a torto, è stato snobbato dai Leicisti; fra l'altro è tuttora utilizzabile con profitto e facilmente adattabile per l'uso quotidiano in digitale su Canon EOS (con anello adattatore) o Nikon (sostituendo la baionetta con prassi reversibile), in attesa di ciò di cui, per ora (Agosto 2012), soltanto si mormora...

(Marco Cavina)

(foto, testi, attrezzature e grafiche di Marco Cavina, dove non altrimenti indicato)



CONTATTO            ARTICOLI  TECNICI  FOTOGRAFICI