LEITZ SUMMICRON-R 50mm f/2 SECONDO TIPO:

LA MAGISTRALE
 QUADRATURA DEL CERCHIO

DI WALTER MANDLER



di Marco Cavina

(19/04/2011) 

Quando nel 1963, con colpevole ritardo sulla concorrenza, fu avviata la catena produttiva di pre-serie delle fotocamere Leicaflex, era già stato definito che l'ottica standard prevista per la nuova gamma di apparecchi chiamati al difficile cimento sarebbe stata un Summicron 50mm f/2, una scelta maturata sull'onda del grande successo planetario arriso all'equivalente modello per Leica M e giustificata dal giusto compromesso fra luminosità già elevata e possibilità di un'ottimale correzione delle aberrazioni garantito da questa configurazione.

Il padre di questo obiettivo strategicamente importantissimo fu Walter Mandler, il quale, dovendo fronteggiare gli ulteriori problemi di calcolo insiti nello schema retrofocus, adottò una configurazione di tipo Doppio Gauss a 6 lenti in 5 gruppi
con 12 superfici rifrangenti,  un doppietto collato posto dietro al diaframma e lenti ad aria fra gli elementi anteriori, tutti dettagli che gli permisero di ottimizzare il computo delle aberrazioni e dare vita ad un vero capolavoro.

All'epoca si stava affermando la nuova concezione di obiettivo focalizzato più sul contrasto che sulla risoluzione pura, partendo dal principio che le emulsioni disponibili presentavano una risolvenza massima corrispondente ad una frequenza spaziale "limite", oltre la quale non aveva più significato spingere ulteriormente il potere analitico dell'obiettivo: viceversa, risultava vantaggioso per l'impressione soggettiva di nitidezza concentrare la "forza" dei circoli confusionali relativi alle frequenze spaziali corrispondenti alla scala di riproduzione dei dettagli significativi dell'immagine, producendo obiettivi dotati di risoluzione magari inferiore (limitando i valori al range utilizzato dalle pellicole) ma caratterizzati da una riproduzione molto vigorosa e contrastata delle basse e medie frequenze spaziali.

Il Summicron-R 50mm f/2 presentato con la Leicaflex originale fu uno degli esempi più eclatanti di questo nuovo corso, e l'efficacia di queste scelte venne subito confermata dai risultati pratici: il Summicron-R presentava ad f/2 una riproduzione così netta e contrastata da costituire un netto passo avanti rispetto ai precedenti obiettivi Leitz di pari luminosità: il progetto era infatti stato ottimizzato proprio per ottenere prestazioni molto elevate ai diaframmi più aperti, creando un obiettivo luminoso realmente sfruttabile al 100% del suo potenziale senza fastidiosi compromessi qualitativi.

Lo stesso Mandler, nel 1976, metterà mano la suo capolavoro realizzando una seconda versione di Summicron-R, caratterizzato da uno schema doppio Gauss a 6 lenti in 4 gruppi e 2 doppietti collati, che resterà sulla breccia fino all'esaurimento della parabola produttiva del sistema R e l'uscita di produzione del modello R9, alla fine del decennio appena trascorso; proprio quest'obiettivo è il soggetto di queste brevi note, finalizzate a comprendere quali principi informatori abbiano ispirato il nuovo progetto e quali siano state le ripercussioni pratiche sulla resa di riproduzione rispetto alla gloriosa versione che andava a sostituire.


Alcune versioni del Summicron-R 50mm f/2 appartenenti alla prima ed alla seconda serie.

 


I Summicron-R 50mm f/2 prodotti dal 1963 al 2009 sono identificati dalle seguenti varianti:


Summicron-R 50mm f/2  1° tipo  11218  cromato 1 camma preserie (1963)
Summicron-R 50mm f/2  1° tipo  11218  nero 1 camma (1964)                     
Summicron-R 50mm f/2  1° tipo  11228  nero 2 camme (1968                      
Summicron-R 50mm f/2  1° tipo  11228  nero 3 camme (1976)                     
Summicron-R 50mm f/2  2° tipo  11215  nero 3 camme (1976)                     
Summicron-R 50mm f/2  2° tipo  11217  safari 3 camme (1978)                   
Summicron-R 50mm f/2  2° tipo  11216  nero camma Leica R (1979)          
 Summicron-R 50mm f/2  2° tipo  11345  nero camma Leica R ROM (1996)

La produzione del primo tipo fu made in Germany, mentre il secondo tipo fu inizialmente approntato dalla Leitz Canada e successivamente, quando le linee di assemblaggio vennero riorganizzate a Solms, anche la produzione di questo modello tornò in Germania.

Ecco in dettaglio le versioni illustrate nell'immagine precedente:




Sono di particolare rilevanza il Summicron-R 50mm f/2 primo tipo 11218 cromato (realizzato in appena 250 esemplari nel 1963 e poi sostituito dal modello di serie in finitura nera) ed il Summicron-R 50mm f/2 secondo tipo 11217, realizzato nel 1978 in tiratura limitata e speciale finitura "Safari" di colore verde, coordinata con l'omologo corpo macchina Leica R3; osservando la lente frontale del Summicron-R cromato di preserie, risalente al lontano 1963 (matricola inferiore a 2.000.000), si può notare come già all'epoca tale obiettivo venisse equipaggiato con un trattamento antiriflessi decisamente sofisticato, apparentemente non dissimile a quello presente su analoghi esemplari costruiti negli anni '70, in tempi di multicoating: evidentemente, progettando la gamma di ottiche Leica-R dal foglio bianco, si cercò di introdurre tutte le migliorie messe a disposizione dalla più avanzata tecnologia del tempo.

A titolo di curiosità va anche citato il Summicron-R tipo 11218 "Schnitt", cioè sezionato per visionare la meccanica, secondo una trucida tradizione Leitz: ecco alcune immagini di tale "sventurato" obiettivo...


 

E' interessante notare che alcuni Summicron-R cromati di preserie presentano incisioni frontali prototipiche, che escludono la denominazione "Leitz Wetzlar" e "Summicron", riportando solamente le indicazioni relative a focale e luminosità ("1:2/50") ed una matricola dedicata, estranea alla numerazione sequenziale di quel periodo; l'obiettivo seguente costituisce una eccezione.


Questo esemplare anomalo riporta le "engravings" prototipiche abbinate ad un numero di serie convenzionale e cronologicamente congruente: il dettaglio curioso sta nel fatto che questa matricola (2.000.782) è superiore a quella dell'esemplare illustrato in precedenza (1.999.018), sebbene quest'ultimo sia già in versione definitiva e con "engravings" identiche agli obiettivi prodotti in serie.

(foto [3]: Westlicht Photographica Auction - Wien)

Entrambe le versioni di Summicron-R focheggiano da infinito a 0,5m e presentano un diaframma con iride esagonale e valori compresi fra f/2 ed f/16; va notato che, su tutti gli obiettivi Leitz M ed R,  la grafica delle numerazioni venne aggiornata in vista della Photokina 1985, passando ad un font più geometrico,  in un lotto di numerazioni sicuramente comprese fra 3.363.xxx e 3.390.xxx, come illustrato da questa immagine.


Tutti i Summicron-R 2° tipo prodotti dopo tale data presentano dunque questa grafica rivista, mentre dal 1996 la baionetta presenta anche i contati ROM di interfaccia elettronica per i corpi Leica R8 ed R9; per quanto concerne le indicazioni di targa, le grafiche del Summicron-R 1° tipo rimasero invariate per tutta la produzione mentre nel Summicron-R 2° tipo sono presenti delle varianti: l'iniziale e poco piacevole "strillo" in prima pagina "LEITZ CANADA" a caratteri cubitali divenne poi un più modesto "Leitz" e successivamente, con la ridefinizione della ragione sociale dell'Azienda e l'accentramento della produzione a Solms, la denominazione passò a "Leica".

Il barilotto della seconda serie fu notevolmente migliorato nella parte anteriore: il primo tipo presentava una montatura claustrofobica che da un lato obbligava all'esercizio con filtri Series VI fissati in sede dall'apposita ghiera di ritenuta e dall'altro non prevedeva un tappo specifico per l'obiettivo, obbligando il proprietario a rimontare ogni volta il paraluce 12564 in posizione invertita, calzando poi il tappo in dotazione sul paraluce stesso: una procedura noiosa che comportava anche il rischio di danneggiare in breve tempo l'anodizzazione del barilotto... Il modello introdotto nel 1976 era invece equipaggiato con una classica filettatura anteriore da 55x0,75mm che permetteva l'applicazione di una vasta gamma di filtri, originali e no, e di un normale tappo dotato di clips in resina ad aggancio rapido; la maggiore praticità d'uso era ulteriormente implementata dal paraluce incorporato e telescopico; l'impiego estensivo di alluminio in luogo dell'ottone (utilizzato in molti particolari della prima serie) premise di contenere il peso del nuovo obiettivo entro i 250 grammi, circa 90 grammi in meno del predecessore.

Dal punto di vista ottico, le due versioni del Summicron-R 50mm f/2 si basano su uno schema simile, del tipo doppio Gauss a 6 lenti; curiosamente, ad una prima occhiata distratta sembrerebbe che Maldler abbia seguito un percorso inverso rispetto a quanto fatto da altri progettisti della concorrenza tedesca e giapponese: questi ultimi erano partiti da un Gauss a 6 lenti in 4 gruppi (con due coppie di lenti collate ai lati del diaframma) e successivamente avevano evoluto lo schema spaziando ad aria il doppietto anteriore, passando così a 6 lenti in 5 gruppi (un esempio tipico è il Nikkor F/K/Ai 50mm f/2 ed il successivo AiS 50mm f/1,8); dal canto suo, Walter Mandler era invece partito dallo schema con doppietto anteriore spaziato ad aria per poi adottare, nel 1976, la versione con due doppietti colati (6 lenti in 4 gruppi); curiosamente, l'analogo percorso accomuna sia il Summicron-R che il Summicron-M della stessa epoca.


 

Gli schemi ottici del Summicron-R 50mm f/2 primo e secondo tipo confermano quanto appena descritto e mettono in evidenza un altro dettaglio peculiare del nuovo progetto di Mandler: la presenza di 5 superfici piatte (con raggio infinito) sulle 12 disponibili.

Le ragioni di questa "inversione di tendenza" che caratterizzò i Summicron 50mm R ed M lanciati nel 1976 e 1979 è sostanzialmente economica: contrariamente a quanto avveniva nel pool di progettazione a Wetzlar, Walter Mandler era un personaggio molto realista che dava la giusta importanza ai problemi di industrializzazione del progetto ed ai costi complessivi di produzione, con un occhio al prezzo finale in relazione a quello della concorrenza; era ormai chiaro che la Leitz non poteva più vivere di rendita veleggiando sugli allori di antichi fasti e che un prezzo di vendita non troppo lontano dai valori medi del mercato reale costituiva ormai l'unica via per alimentare le vendite; l'accordo di partnership con Minolta e la concezione della Leica R3, imbastita su componenti base prodotti dal collega giapponese e montata a basso costo in Portogallo, erano due scelte coraggiose che additavano chiaramente questa via; per completare l'opera si rendeva necessario produrre un "normale" di eccellente qualità ma economicamente meno impegnativo per l'azienda rispetto al Summicron precedente, ed in questo Malder seppe indovinare la quadratura del cerchio con rara maestria; vediamo come.


Questo schema ricavato dal progetto originale di Mandler, Edwards e Wagner (colleghi di lungo corso alla Leitz Canada di Midland) sottolinea come le superfici a contatto dei doppietti cementati (R4 + R8) e la superficie anteriore dell'ultima lente (R10) siano piane: questo significa che solamente 7 delle 12 superfici lavorate presentano un raggio di curvatura dotato di potere diottrico e quindi soggette ad una complessa molatura di precisione per assicurarne l'adeguata precisione, mentre 5 superfici sono piatte e richiedono una mole di lavoro decisamente inferiore per essere approntate; la genialità di Mandler e dei suoi colleghi consiste nell'aver realizzato un obiettivo comunque straordinario pur rinunciando a 5 superfici diottriche ed alla lente d'aria precedentemente collocata nello spazio fra la seconda e terza lente, ora cementate: questo riduceva di molto le opzioni di calcolo disponibili, e se consideriamo che anche sul piano dei vetri ottici adottati Mandler è stato conservativo/parsimonioso non possiamo che ammirare il prodotto finale, geniale connubio di prestazioni ed economie di scala.



Nel progetto originale sono presenti versioni con 5 superfici piatte sia con spazio retrofocale superiore a 0,7 . F sia con spazio retrofocale pari a circa 0,5 . F: il "preferred embodiment" delle prime corrisponde al Summicron-R secondo tipo di produzione (illustrato qui sopra) mentre il modello ottimale del secondo gruppo entrò in produzione 3 anni dopo, nel 1979, come nuova versione del Summicron-M, tuttora prodotto (Aprile 2011) con lo stesso schema ottico di allora. Il Summicron-R 50mm f/2 secondo tipo del 1976 presenta una focale effettiva tipica di 52,2mm ed uno spazio retrofocale di 0,7177 . F, cui corrisponde la misura di 37,46mm dal vertice dell'ultima lente al piano focale (valore ufficiale Leitz: 37,45mm).

Nella sua realizzazione Walter Mandler ha ottimizzato i costi non soltanto introducendo 5 superfici perfettamente piatte ma anche limitando la scelta dei vetri ottici a tre categorie, due delle quali relativamente economiche: ha infatti impiegato tre lenti in vetro Dense Flint ad alta
rifrazione/alta dispersione in posizione L1 - L3 - L4 (vetri tipo SF10, SF56 ed SF9), una lente in vetro Dense Flint al bario in posizione L2 (vetro tipo BaSF6) e due lenti in vetro flint al Lantanio con alta rifrazione/bassa dispersione in posizione L6-L7; in questo caso Mandler ha adottato un vetro di progettazione originale Leitz (il tipo 792472), ideato dai geniali chimici della vetreria di Wetzlar Heniz Broemer e Norbert Meinert nella seconda metà degli anni '60 e successivamente concesso in produzione di massa su licenza Leitz alla vetreria Schott di Mainz, che lo commercializzò con la denominazione LaF21. E' interessante notare che, pochi mesi prima, Walter Mandler aveva rivisto un altro "mostro sacro" della produzione Leitz, il Noctilux, realizzando la nuova versione f/1,0: ebbene, anche nel nuovo Noctilux le due lenti posteriori spaziate ad aria condividono col Summicron-R secondo tipo l'impiego di vetro tipo 792472 - LaF21, una sorta di "firma" in calce ai Gauss ideati da Walter Mandler a metà anni '70! Come nota a margine, faccio presente che i valori rifrattivi e dispersivi riportati nello schema sono riferiti alla lunghezza d'onda e-line (green mercury line, 546nm) e non, come di solito, alla d-line (yellow sodium line, 587nm), quindi tali parametri differiscono leggermente da quelli "standard" misurati nella d-line.

 


Il vetro Flint al lantanio ideato da Broemer e Meinert, brevettato dalla Leitz come 792472 e poi prodotto su licenza come LaF21, è un vetro al borosilicato contenente ossidi delle terre rare ed altri ossidi necessari come "fluxing agent" per contenere l'azione deleteria dei primi: su una base di ossido di silicio e boro (32,5% in peso) sono aggiunte massicce quantità di ossidi destinati ad elevare l'indice di rifrazione mantenendo una dispersione contenuta (50,5% di ossido di lantanio, 8,5% di ossido di Zirconio, 4% di ossido di Tantalio e 2% di ossido di tungsteno); l'ossido di lantanio utilizzato in dosi così elevate rende difficili le procedure di fusione, portando spesso ad improvvise devetrificazioni, striature e birifrangenze cristalline, e per ovviare a questo problema sono state opportunamente aggiunte piccole quantità di ossido di zinco e cadmio, in grado di garantire il successo dell'operazione senza quegli indesiderabili effetti collaterali. Questo vetro Flint al lantanio viene fuso in crogioli di platino a 1.250 -  1.300 °C e successivamente raffinato fino a 1.400°C; la possibilità di fonderlo in colata continua e di pressarlo a caldo in stampi sono ovviamente caratteristiche estremamente vantaggiose dal punto di vista della produzione industriale.



Diagramma delle aberrazioni trasversali relative al Summicron-R 50mm f/2 secondo tipo.

 

Cerchiamo ora di intuire quali sono state le direttive adottate da Mandler per "plasmare" il rendimento tipico del Summicron-R secondo tipo rispetto al modello precedente: gli elementi chiave del loro rendimento sono la giacitura e l'entità della curvatura di campo (ed il loro variare alle diverse distanze di ripresa ed ai vari diaframmi) ed il focus shift introdotto dalla variazione di apertura.


Queste misurazioni MTF indipendenti (realizzate su un banco MTF tipo Zeiss K8) sono state realizzate nel 2005 su un esemplare di Leitz Summicron-R secondo tipo, made in Canada;
i diagrammi seguono lo standard Zeiss, quindi prevedono la misurazione con orientamento sagittale e tangenziale, da centro a bordi, calcolando il trasferimento di contrasto alle frequenze spaziali di 10 l/mm (curve superiori), 20 l/mm (curve mediane) e 40 l/mm (curve inferiori); le misurazioni sono state effettuate ad f/2 (massima apertura) ed f/5,6 (considerata l'apertura ottimale) e sono molto interessanti perchè sono state ripetute sia in configurazione di infinito sia a distanza simulata di appena 1 metro, corrispondente ad un rapporto di riproduzione di 1:18, il che consente una inedita valutazione complessiva delle prestazioni di quest'obiettivo.

Su  infinito, il focus shift da f/2 ad f/5,6 è estremamente ridotto (appena 15 nanometri), il che consente all'asse di ripresa di migliorare drasticamente rispetto ai valori (già buoni ed omogenei) misurati a piena apertura, raggiungendo valori di contrasto eccellenti (oltre 80% di MTF @ 40 l/mm su un cerchio assiale da 10mm di diametro); tuttavia, tali valori di contrasto sono stati ottenuti a discapito della curvatura di campo e - in misura minore - dell'astigmatismo, per cui, da metà campo in poi, le giaciture sagittale e - soprattutto - tangenziale - si trovano su un piano di fuoco sostanzialmente differente rispetto a quello dell'asse, causando un vistoso calo di MTF parzialmente tamponato dal vistoso recupero della lettura con orientamento sagittale (parallelo alla diagonale) verso i bordi; la resa complessiva è eccellente, ma una qualità superiore è circoscritta al cerchio da 24mm di diametro inscritto al lato corto del fotogramma, ed ai bordi estremi è rilevabile anche nell'uso pratico un leggero ammorbidimento, talvolta non presente in blasonati concorrenti.

Scendendo alla distanza di messa a fuoco di 1m, la situazione cambia drasticamente, rivelando l'ottimizzazione specifica del Summicron-R secondo tipo.

Solitamente i Gauss luminosi "rigidi" (privi di sistema flottante), impiegati come in questo caso con un tiraggio decisamente superiore a quello di infinito, rispondono aumentando vistosamente il focus-shift alla chiusura del diaframma, con valori anche abbondantemente superiori ai 100 nanometri: questo, di solito, fa si che l'MTF nelle zone centrali non migliori in modo percettibile (il vantaggio indotto dalla diaframmazione è annullato dal progressivo spostamento del piano di fuoco reale), restando su valori simili a quelli della massima apertura; il Summicron-R presenta invece un focus-shift fra f/2 ed f/5,6 limitato a 70 nanometri, quindi il trasferimento di contrasto sull'asse ad f/5,6 ed 1m di distanza raggiunge comunque il 60% @ 40 l/mm, un valore eccellente per questa distanza di messa a fuoco, ma il meglio deve ancora venire: in questo caso la nuova giacitura dei piani astigmatici va ad intercettare il piano di fuoco definito ad f/5,6 dall'entità e direzione del focus shift, come due "difetti" contrari che si annullano a vicenda: questa fortunata e non certo casuale circostanza fa si che il rendimento complessivo a distanze medio brevi sia molto omogeneo e complessivamente superiore anche a quello di infinito, garantendo risultati veramente eccellenti, mentre altri blasonati concorrenti, più ottimizzati come curvatura di campo ed astigmatismo su infinito, a distanze medio-brevi sono afflitti da un focus-shift di entità superiore e da curvatura di campo/astigmatismo meno favorevoli, fornendo così risultati visibilmente inferiori, specie nell'area centrale.

Credo che questa ottimizzazione particolare del Summicron-R 50mm f/2 secondo tipo sia molto intelligente: statistiche alla mano, quanti scatti realizziamo a distanze medie o medio-brevi e quanti effettivamente su infinito? Credo che la conta dei voti sia largamente favorevole alla prima ipotesi, quindi ritengo che un comportamento del genere sia lodevole e perfettamente coerente con l'utilizzo reale dell'obiettivo.

Come si relaziona questo tipo di rendimento e questo livello di prestazioni con la riproduzione tipica del Summicron-R primo tipo? La risposta si fonda su dettagli sottili e sarebbe lunga e complessa, fuori dalla mia portata; cerchiamo di semplificare.

 

Innanzitutto, entrambi i modelli vignettano in modo vistoso ad f/2, con un lievissimo vantaggio per il Summicron-R secondo tipo, agevolato dal più ampio strombo della sua montatura anteriore; entrambi pagano dazio per il ridotto diametro delle lenti frontali.

(tutte le riprese seguenti sono state eseguite su cavalletto, focheggiando di precisione con sistema live-view ad ingrandimento 10x, scattando in RAW a 14 bit sviluppato in Adobe Camera RAW 6.0 senza alcuna modifica ai parametri di defalut e senza introdurre sharpening in nessun passaggio, aprendo il file a 16 bit in Adobe Photoshop CS5 senza alcuna manipolazione migliorativa; il settaggio dei valori di temperatura colore e tonalità è identico per ogni immagine, quindi - ragionevolmente - eventuali differenze cromatiche sono da imputare agli obiettivi stessi).


Con apertura f/2 e distanze corrispondenti ad infinito, il Summicron-R primo tipo presenta una riproduzione di vigore molto elevato, confermando la sua ottimizzazione sul massimo contrasto riferito alla massima risolvenza "di taglio" delle pellicole sul mercato all'epoca: si tratta dello steso principio informatore che diede vita al Noctilux-M 50mm f/1,2 del 1966. Il Summicron-R 50mm f/2 presenta invece un visibile veiling glare che è responsabile di una riproduzione un po' più soft e meno contrastata; in questa configurazione, dunque, il vecchio modello è da considerarsi superiore, anche se la visualizzazione al 100% dei crop di un file originale da 5.616 x 3.744 pixel è un test molto severo, mentre nell'uso pratico le differenze sono modeste.


Stesse modalità di ripresa a piena apertura f/2 ma con la distanza di messa a fuoco ridotta a 0,7m.

 

In questo caso l'aumento di tiraggio ha comportato sull'asse un calo di resa più vistoso sul Summicron-R primo tipo e minore sul modello più recente, permettendo a quest'ultimo di recuperare il lieve gap esibito ad infinito, un comportamento che conferma l'ottimo rendimento dell'ultima versione alle brevi distanze (confermo che la messa a fuoco è stata eseguita con precisione sfruttando il live-view ad ingrandimento 10x sul display).


A titolo di riferimento, ecco il crop al 100% di un'analoga immagine realizzata col "cugino" Macro-Elmarit-R 60mm f/2,8 alla massima apertura f/2,8.


Storicamente, il Summicron-R 50mm f/2 primo tipo è sempre stato accreditato di un elevato microcontrasto a piena apertura ed ai diaframmi aperti, al punto che al suo esordio divenne l'ottica di riferimento standard per testare le emulsioni, un exploit pagato poi con un certo focus-shift al progredire della diaframmazione che faceva "stallare" leggermente le prestazioni, in curiosa analogia col coevo Noctilux-M 50mm f/1,2, anch'esso ottimizzato sul contrasto a basse frequenze spaziali ed anch'esso afflitto da un avvertibile spostamento di fuoco al diaframmi medi; per verificare questa ipotesi ho eseguito due serie di scatti, un a a circa 7m ed una a circa 1,7m dal soggetto, focheggiando di precisione ad f/2 (cavalletto e live-view a 10x) ed esponendo ad f/5,6; per non relativizzare la prova ho eseguito lo stesso scatto anche con il 60mm f/2,8 Macro-Elmarit-R ed alcuni obiettivi da 50mm della concorrenza, moderni o datati, come lo Zeiss Planar Contax 50mm f/1,4, il Nikon Nikkor AiS "old" 50mm f/1,8 ed il Canon EF 50mm f/2,5 macro.


L'immagine campione: la messa a fuoco è stata effettuata sul punto evidenziato.

 

 

 

Quasi a confermare i timori della vigilia, mentre il Summicron-R secondo tipo (modello 11216) presenta una riproduzione molto dettagliata e contrastata del dettaglio focheggiato, il Summicron-R primo tipo (modello 11228) rivela una leggera sfuocatura, e l'analisi dell'intera immagine mostra come il piano di fuoco, selezionato ad f/2 con esattezza sui fiori, ad f/5,6 si sia spostato sul fogliame alle loro spalle, un back-focus dovuto alla traslazione del piano di fuoco durante la diaframmazione; viceversa, la qualità di riproduzione del Summicron-R modello 11216 appare ottima anche in relazione ai blasonati concorrenti.

(Visto che le mollette da bucato sono un "classico" test per ottiche Leica, mi sono permesso di riproporle...)

 

 

 

Ripetendo la prova ad una distanza di messa a fuoco di 1,7m, il backfocus del Summicron-R primo tipo si ripete (il fuoco era stato regolato sulla molla metallica del "ciappetto" giallo centrale, mentre nell'immagine appare a fuoco la rete verde di fondo); se fosse confermato che questo comportamento è esteso all'intera produzione apparirebbe come quest'obiettivo sia effettivamente stato ottimizzato alle grandi aperture (con una resa intrinseca molto alta e non ancora penalizzata dal focus-shift dei diaframmi medi), mentre il Summicron-R secondo tipo è forse marginalmente inferiore ad f/2 a grandi distanze, ma risulta molto più versatile, garantendo prestazioni smaglianti a diaframmi centrali e fino a distanze medio-brevi, un comportamento da all-rounder come ci si aspetta da un 50mm standard.

Nell'uso pratico il Summicron-R 50mm f/2 secondo tipo si con figura come un obiettivo dotato di anima grazie allo straordinario macrocontrasto ed all'estrema soppressione del flare legato alle riflessioni interne al barilotto, che consentono di produrre immagini dotate di presenza e tessitura materica eccellenti, pur restando un lieve ammorbidimento ai bordi estremi anche a diaframmi ottimali; le immagini che seguono, scattate frettolosamente e con animo scanzonato appositamente per questa pagina, mostrano in modo eloquente il fingerprint di questo Summicron, così vigoroso da "ripassare a china" ogni tessitura del soggetto ed equipaggiato di una coniugata posteriore la cui proiezione si sposa perfettamente anche con le moderne digitali full-frame (come la Canon EOS 5D mkII utilizzata per queste immagini)









(chanel di agata blu: gioielli "la Nouvelle Vague" by Marco Cavina)


Un 50mm Leica sempre pronto per catturare la vita in strada: oggi come sempre...


Il Leitz Summicron-R 50mm f/2 del 1976 rappresenta dunque un degno epigono del primo, mitico Summicron-R, sia pure differenziato da esso  per il tipo di ottimizzazione e la "filosofia" di fondo, e le sue grandi prestazioni ottenute in presenza di una drastica semplificazione del progetto e nella scelta dei vetri ottici ci fa comprendere come il suo geniale progettista abbia rivelato la sua grande maturità tecnica, trovando la quadratura del cerchio di specifiche apparentemente antitetiche; l'obiettivo è tuttora godibilissimo, con un macrocontrasto ed una resa "saccaroide" della materia che fanno spiccare le sue immagini e le nobilitano con una "firma" inconfondibile.


(Marco Cavina)

(testi, immagini e grafiche di Marco Cavina, dove non altrimenti specificato; ringrazio il fraterno amico Piarpaolo Ghisetti per la disponibilità del Summicron-R 11218 cromato su Leicaflex I nera, del Summicron-R 11217 "Safari" su Leica R3 "Safari" e del Summicron-R 11218 "Schnitt" su Leicaflex "Schnitt"; ringrazio anche il caro amico Prof. Vicent Cabo per le calligrafiche sezioni degli schemi ottici).



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