Hektor Rapid 2,7cm f/1,4

PP.Ghisetti e M.Cavina





Fra la moltitudine di ottiche costruite da Leitz spicca particolarmente questo speciale obiettivo per cinepresa 16mm prodotto a partire dal 1933, poco conosciuto ma apprezzatissimo dagli appassionati di cinematografia, non solo per la sua rarità ma soprattutto per la sua luminosità.
Infatti il nostro Hektor prevede il cosidetto attacco a passo "C" e nelle immagini lo vediamo solitamente abbinato ad una cinepresa Bolex, mentre il termine Rapid si riferisce chiaramente alla grande apertura massima, veramente elevata per l'epoca; nel dopoguerra, sulle macchine Bolex, il ruolo che fu dell'Hektor-Rapid sarà rivestito dal Kern-Paillard Switar 25mm f/1,4 prodotto in Svizzera, il cui schema tipo Ernostar a 6 lenti, per curioso intreccio del destino, sarà a sua volta di ispirazione per la seconda serie di Leitz Colorplan 90mm f/2,5 da proiezione.
L'obiettivo è decisamente minuscolo, con una lunghezza fisica di 34mm e un peso di 125g cui vanno aggiunti appena 5g per il paraluce fornito di serie, e pertanto meraviglia il fatto che possieda uno schema con ben 7 lenti in 4 gruppi, ben lontano per complessità dal più semplice schema Hektor per 13,5cm con sole 4 lenti e più vicino per concezione al contemporaneo Hektor 7,3cm f/1,9 al quale somiglia fortemente, con l'aggiunta di una lente frontale incurvata; la finitura è in metallo satinato ma nel 1950 furono realizzati tre esemplari in finitura nera (probabilmente su richiesta speciale), con matricola 790.043 - 790.045.
Dell'Hektor-Rapid fu prevista anche una versione da 12mm f/1,5 destinata ad un formato cinematografico inferiore.




Lo schema ottico, impostato da Berek nel 1930-31, è lodevole per la sua luminosità soprattutto considerando che, all'epoca, la scelta di vetri ottici era sostanzialmente ridotta e le loro caratteristiche rifrattive e dispersive erano modeste rispetto alle versioni attuali; inoltre Berek non poteva contare su trattamenti antiriflessi, tuttavia il modello Hektor di partenza era favorevole in tal senso, dato che prevedeva già 6 lenti in appena 3 gruppi (tre doppietti collati) con soltanto 6 passaggi aria/vetro, quindi l'aggiunta dell'ulteriore e caratteristica settima lente anteriore produsse complessivamente 8 passaggi ad aria, come nel coevo Summar 5cm f/2 a schema Doppio Gauss con 6 lenti in 4 gruppi, un numero ancora accettabile senza pregiudicare eccessivamente il contrasto; in ogni caso Berek raggiunse questa luminosità creando una terza architettura inedita e completamente differente dagli altri superluminosi tedeschi dell'epoca, ovvero il carl Zeiss Jena Biotar di Willy Mertè e il Carl Zeiss Jena Sonnar di Ludwig Bertele.
Specificamente, ecco la sequenza delle lenti col corrispondente vetro ottico: L1 = Dense Crown SK15; L2 = Dense Crown SK15; L3 = Flint F13; L4 = barium Flint BaF8; L5 = Light Flint LF6; L6 = Very Light Flint LLF2; L7 = Dense Crown SK15; quest'ultimo tipo di vetro compare quindi per 3 volte nello schema.
La chiusura del diaframma, agevolata da due alette, arriva fino ad f/16 (valore già difficile da gestire con un iride così minuscolo), mentre la scala delle distanze, graduata in feet, si spinge fino alla distanza minima di 2 piedi, ovvero circa 60cm.
Si tratta evidentemente di una sfida che Max Berek, il progettista delle prime ottiche per Leica, ha voluto affrontare col suo amato schema Hektor prima di passare definitivamente allo schema Doppio Gauss, che col Summar 5cm ha decretato il definitivo successo, anche in casa Leitz, di questo disegno epocale in tutte le possibili varianti.
Il brevetto che presentiamo (consegnato negli U.S.A. nel 1932 e registrato nel marzo del 1933 ma precedentemente depositato in Germania nel 1931), mostra chiaramente l'architettura dell'obiettivo, mentre nei due progetti si nota chiaramente il primo step progettuale (in alto nel disegno) nel quale Berek aveva separato il doppietto anteriore al posto dei classici 3 doppietti collati che costituiscono la base del progetto Hektor, proprio per avere una lente anteriore separata da utilizzare in funzione anti-vignettatura, vista l'elevata luminosità relativa, probabilmente in vista di una luminosità iniziale di f/2. Tuttavia Berek si deve essere reso conto, dopo le prime valutazioni, che la configurazione Hektor non poteva impunemente essere stravolta nella sua architettura di base, e pertanto al posto del doppietto anteriore spaziato ha optato per l'aggiunta di una nuova lente separata, spingendo quindi al limite l'evoluzione di tale schema.






In realtà il nostro Hektor avrebbe dovuto equipaggiare una cinepresa amatoriale con carica a molla che la Leitz aveva intenzione di produrre e di cui aveva anche realizzato almeno un prototipo che prevedeva le ottiche interambiabili e la scelta di diverse cadenze di ripresa. Questa cinepresa non fu mai prodotta e solo nel 1957 la Leitz si riaffacciò sul mecato in questo settore, per poi entrarci definitivamente con la Leicina, vedi qui.
Mostriamo inoltre un rapporto dimensionale tra gli Hektor, da 5 - 7,3 ed infine il ns 2,7cm.
Nel Leica Fabrikationsbuch sono citati tre diversi Hektor Rapid, praticamente allo stadio di prototipi, mentre il nostro 2,7cm arriva ad una produzione nominale di 300 esemplari, ammesso che il lotto sia stato interamente completato dal momento che la cinepresa al quale era destinato non fu mai messa in produzione. D'altra parte alcune fonti citano una produzione di 2450 esemplari, francamente un numero eccessivo, considerata la rarità dell'Hektor. E' probabile che i numeri dei lotti siano stati assegnati in vista della produzione ma non completati, procedura abbastanza comune.
Non essendo classificabile come ottica per Leica spesso i libri dedicati al marchio di Wetzlar si limitano a citare l'Hektor Rapid con un semplice cenno, quando lo fanno, mentre invece questo obiettivo rappresenta una delle massime sfide ottiche affrontate da Max Berek, e proprio per questo merita ampiamente un posto di rilievo nella storia Leitz.