Incontro con Gino Sammartino

PP.Ghisetti


Incontro Luigi  Sammartino presso la sede a Genova della SAMCA, la società di riparazione dell’attrezzatura Leitz-Leica, da lui tenuta per anni col socio Luigi Casanova, deceduto recentemente. Ci conosciamo ormai da tanti anni e ci siamo incontrati spesso alla Fiera mercato di Castel S.Giovanni, dove con l’amico Marco lo abbiamo omaggiato dei ns libri.





L’officina della SAMCA mi ricorda un laboratorio degno di un vecchio film, con attrezzature singolari e insolite, eppure perfettamente funzionanti, che Gino usa con la massima disinvoltura, come si conviene a un tecnico artigiano che con esse ha lavorato per più di mezzo secolo. I cassetti e i tavoli oltre che di svariati cacciaviti sono ingombri di arnesi bizzarri, misteriosi oggetti di ogni forma e dimensione , semilavorati vari. Molti degli apparecchi di misura e controllo che mi mostra, quasi sempre originali Leitz, farebbero la loro bella figura in un museo dell’artigianato meccanico-ottico, in quanto spesso risalgono alla metà degli anni Cinquanta/Sessanta, ma dato che la SAMCA era specializzata nelle Leica con passo a vite e nei successivi modelli della serie M sino alla M4, oltre alle tre Leicaflex, il tutto risulta perfettamente compatibile e incredibilmente coevo.
L’officina-laboratorio appare a prima vista come un caos-organizzato, un luogo dove Gino si sente perfettamente a suo agio, perché non è solo il suo ambiente di lavoro, ma la sua casa.






Parliamo di tanti argomenti, dei suoi inizi come riparatore di flash, poi dei  modelli IIIc, la cui sincronizzazione era curata direttamente dalla Ippolito Cattaneo di Genova, allora importatrice degli apparecchi Leica, delle varie caratteristiche delle tre Leicaflex, per le quali  nutre un amore particolare. Gino ci tiene a precisare che si è recato spesso a Wetzlar per imparare e per impadronirsi dei segreti degli apparecchi Leitz, frequentando corsi della durata anche di tre settimane, e mi mostra molto soddisfatto, sotto lo sguardo severo di Oskar, l'attestato di frequenza. Quando poi la Cattaneo ha lasciato a favore della Polyphoto di Erba-Milano, il laboratorio ha continuato nell'assistenza della attrezzatura Leitz.



Mi mostra ad esempio l’apparecchio per misurare i tre trimmer della Leicaflex SL, e poi quello specifico per la SL2: mi descrive le caratteristiche del tempo di otturazione del 1/2000 di secondo, molto difficile da ottenere meccanicamente, e mi fa vedere il controllore dei tempi di posa. Anche l’apparecchio per controllare la planeità del piano focale, a suo dire vera ossessione dei tecnici di Wetzlar, è lì sul tavolo, pronto per essere utilizzato. A suo parere le tre Leicaflex sono magnificamente costruite, con una complessione meccanica eccellente, e soprattutto sono state concepite anche pensando alla manutenzione, che non risulta mai complicata. Una progettazione rivoluzionaria e magistrale, cui si unisce sicuramente anche la storica M3, che rappresenta a suo dire (e come dargli torto?) la svolta epocale degli apparecchi fotografici. Mi mostra un telemetro M smontato e me ne illustra le caratteristiche e i punti forti, prendendo a confronto il telemetro delle macchine a telemetro (quasi un giocattolo a confronto) o quello delle Nikon S, non all’altezza, costruttivamente parlando, di quello Leitz.  Mi parla della prima serie della M3, ovvero la famosa ’doppio scatto’: mi spiega che questo doppio movimento della leva di carica era stato pensato per non causare  bruciature alla pellicola fotografica del tempo, il cui supporto era molto diverso da quelle odierne, poiché causava scintille di elettricità elettrostatica.




 


Mi racconta molto sull’otturatore Leitz: dal primo, semplice e intuitivo (tipo Barnack), a quello più complesso che è stato montato dalla IIIc   dal dopoguerra in avanti, sino ai raffinati otturatori della serie M, veri capolavori di meccanica, silenziosi e affidabili anche dopo decenni. Una delle sue specializzazioni era appunto lo smontaggio delle fotocamere e la lubrificazione dei vari componenti, con specifici oli e grassi di diversa densità.
Secondo Gino una delle macchine più difficili da aggiustare rimane la R-3, costruita su base Minolta, la prima in assoluto a essere dotata di una doppia lettura esposimetrica: una elettronica perciò molto complessa, ardua da riparare, probabilmente perché alla base Minolta si era aggiunta l’ingegneria Leitz, moltiplicando le complessità, e avendo  un montaggio più difficoltoso del solito, con conseguenti ricadute non positive sulla manutenzione.



Poi apre un armadio e mi mostra, in rigoroso rosso Leitz, tutta una serie di manuali di montaggio e rimontaggio di macchine e obiettivi, inalienabili e da custodire con la massima cura, come gli hanno ripetuto ossessivamente a Wetzlar. Neanche si fosse trattato dei manuali del razzo V-2….
Sulla spinosa e complessa questione legata ai pesi variabili nel tempo delle ottiche Leitz (dello stesso tipo di obiettivo, si intende) Luigi mi ha confermato quanto segue:

 - differenze di peso sono date dai vari anelli inseriti nella montatura, che variavano nel materiale costruttivo;
- differenze nei vetri: Leitz spesso si appoggiava a vetrerie esterne, alla Schott, alle vetrerie inglesi e francesi, per cui talvolta anche la stessa lente (su preciso disegno tecnico) 'poteva' avere pesi diversi.
- alla Leitz ogni tot produttivo, ovvero lotto, si cambiava per abitudine qualcosa, per sperimentare sia in campo ottico che meccanico, pertanto 'all'interno di quel lotto mettiamo di 100 pezzi, 10 di questi erano 'sperimentali' e venivano poi utilizzati, se la sperimentazione risultava positiva, nei futuri lotti produttivi. Una evoluzione della specie produttiva.

Sammartino mi ha confermato che si ricorda perfettamente di variazioni all'interno dei gruppi produttivi, anche nel Balsamo del Canada, utilizzato per l'incollaggio dei doppietti, che spesso possedeva (o sembrava di possedere) mescole diverse.




Tra le macchine da riparare e malridotte da un uso intenso mi mostra due Leica a vite, appartenute a un fotografo ambulante di Genova, con la cromatura completamente rovinata dalla salsedine: ma funzionano ancora!
Altra apparecchiatura singolare è il collimatore del telemetro e della movimentazione delle cornicette che delimitano l’inquadratura in base all’obiettivo utilizzato: sembra veramente un attrezzo autocostruito in officina, e invece è un apparecchio di precisione Leitz degli anni Cinquanta.
Mi parla anche di Luigi Casanova, di dieci anni più giovane di lui, considerato non solo un collaboratore, ma quasi un figlio.




L’amico Marco segue con attenzione i nostri discorsi mentre gira un breve  filmato, a imperitura memoria di quest’artigiano, del suo mondo e di un’Italia che non c’è più: un rifugio sicuro per coloro che, con una Leica tra le mani, viaggiavano, lavoravano o si divertivano, certi che qualunque incidente o guasto fossero capitati al loro  prezioso apparecchio, c’era a Genova chi lo avrebbe riportato a una perfetta funzionalità, con mani esperte e sicure.

Grazie Gino, a nome di tutti gli appassionati Leica!
Dicembre 2016






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qui il video dell'intervista

https://www.youtube.com/watch?v=Fz2Vlocrm6Y