Portfolio :  la recente esperienza di CESARE LESI a Cuba

- Web page di Cesare Lesi
Da quando nel 2001 ho iniziato a fotografare utilizzando vari apparecchi digitali ho visto la tecnologia fare passi da gigante, e attualmente possiamo usufruire di attrezzature veramente inimmaginabili, anche solo alcuni anni fa. Le moderne reflex delle marche più conosciute hanno ormai ben pochi punti deboli in fase operativa, e i vari software disponibili sul mercato risolvono e spesso sostituiscono quallo che un tempo veniva affidato alle peculiarità del corredo, vedi ad esempio gli scatti in basse condizioni di luce, e la possibilità di ricostruire le qualità dello sfocato in fase di fotoritocco.
Sono appassionato Leica da oltre 30 anni e ho seguito la conversione al digitale della casa, prima con la M8, subendo la lunga gestazione in opera della prima fotocamera a telemetro della casa, e provando poi accuratamente la M9, ma sempre mi sono chiesto cosa comportasse oggi un utilizzo pratico di tali fotocamere in condizioni operative reali.
Ultimamente infatti, viste le performance delle reflex digitali, avevo spesso preferito utilizzare un pratico e veloce corredo durante i miei viaggi fotografici più impegantivi, delegando al corredo digitale Leica un ruolo “da appassionato” per potere ancora utilizzare le fantastiche ottiche M, ma in chiave più disimpegnata, chiedendomi spesso se l’abisso tecnologico di prestazioni tra un corredo reflex moderno e il buon vecchio sistema a telemetro fosse in qualche modo ancora colmabile.
Partendo per un viaggio, in cui mi sarei dedicato intensamente al reportage (destinazione Cuba) ho perciò voluto accostare alla mia collaudatissima reflex, dotata di veloci e ottimi zoom, ipermotorizzata e superresponsiva, il più base e classico dei corredi telemetrici digitali: una M8 con ottica da 28mm (equivalente al 35 su pellicola), e per la precisione un ottimo Elmarit terzo tipo. Lo scopo di questo accostamento era appunto valutare l’opportunità di tale corredo in un ambito che credevo abbastanza improprio, in quanto il mio stile recente è impostato per la massima agilità operativa, come si può facilmente immaginare vedendo il tipo di immagini che più mi attraggono (www.1cesar.it).
Arrivato a destinazione, con la voglia di immergermi tra le vie dell’Avana sono stato letteralmente travolto dal punto di vista emotivo dalla enorme quantità di immagini che desideravo registrare: tutto mi sembrava degno di uno scatto! Ogni angolo, ogni persona, ogni situazione. Le diveristà e le singolarità di questa città mi assorbivano completamente, e i primi 2 giorni di “immersione” sono stati un vero orgasmo di scatti !
In hotel (ho l’abitudine di lasciare disinserito lo schermo in fase di scatto convinto che riprendere e guardare le foto siano operazioni troppo diverse per potere essere fatte simultaneamente) meditavo sugli scatti effettuati, e mi sembrava che tutto fosse molto più banale di come lo avevo vissuto, ogni foto mancava in qualche modo lo scopo di raccontare, e la fulmineità, l’emozione del riprendere, erano fissati nella mia memoria in modo completamente diverso da come lo potevo rivedere a freddo sullo schermo.
2 giorni quasi buttati, ma non del tutto !!! In qualche modo avevo sbollito l’entusiasmo e forse ero pronto per scendere in una profondità diversa. Inutile dire che in questa fase “iperattiva” ho usato esclusivamente la reflex !!! Dal terzo giorno qualcosa è cambiato, e forse non a caso ho cominciato ad utilizzare la mia telemetro. Da un approccio aggressivo, e di stile “rapina visiva”, sono riuscito ad immergermi meglio nelle scene di tutti i giorni; sono entrato nelle case, ho parlato con la gente, ero più presente! più unito, e le cose hanno cominciato a funzionare. L’approccio più riflessivo dava i suoi frutti, e gli scatti in quantità minore, ma più meditati… in poco tempo a restare in hotel era la reflex, e pur con il corredo più minimalista possibile, non mi sentivo privato di nulla.
Dovere regolare la Leica scegliendo manualmente il diaframma, e in seguito usando anche i tempi in manuale (come su una M6) , il dovere scegliere dove posizionarmi nello spazio, in base all’unica ottica a disposizione, magari dopo una chiaccherata di mezz’ora, per fare la foto giusta, mi faceva ragionare, mi proiettava dentro alla fotografia, e così anche per il mirino, mai oscurato da specchi in movimento e così diretto ! così poco “televisivo”…
Proprio su questo elemento ho potuto più di una volta contare per vedere oltre.
Un esempio per tutti: ero in un vicolo alla periferia ovest della città, verso il tramonto e avevo conosciuto una famiglia numerosa, iniziando i ritratti di rito mi stavo concentrando sulla giovanissima madre di due splendidi ragazzini. Tutta la mia attenzione era sui soggetti principali, e forse con la reflex avrei stretto, zoomando istintivamente sui soggetti. Attraverso il mirino telemetrico invece, ho potuto vedere all’esterno della cornice dell’inquadratura dell’ottica il cane di famiglia, la porta di casa e in ultima analisi li ho voluto includere come elementi del racconto. In pratica con la reflex non avrei forse notato questi elementi, e avrei costruito l’immagine in tutt’altro modo. Poi il mirino stesso mi ha permesso di restare sul soggetto (non distratto dall’oscuramento dello scatto) e di continuare a seguire i movimenti così all’attesa di qualcosa di interessante che poteva verificarsi. Sentito il clic dell’otturatore, infatti, il bambino di sinistra si è rilassato e il secondo scatto è risultato molto più naturale ed efficace, con questo affetto che esprime per la madre e che appare in modo molto marcato e naturale. ….










E’ stata una frazione di secondo, ma la Leica era già pronta, già impostata, proprio per il fatto di non dovere ritornare a cercare (pur con l velocità fulminea della reflex) il punto di fuoco e l’esposizione.





In quel momento e riguardando le foto ho capito di dovere molto al tipo di approccio differente del telemetro, e di non sentire nessun limite pratico, anzi ! la libertà operativa mi sembrava più centrata, e la distanza emotiva con il sogetto diminuita. Gli ultimi 2 giorni all’Avana sono trascorsi in massima libertà: la Leica al collo , nessun ingombrante borsone, solo una batteria ed una scheda in tasca… Tutto li !
Ora sto riguardando alcune stampe di grande formato (credo ancora sempre e solo nella stampa come mezzo per valutare a fondo una immagine) e lo spazio, la resa, i volumi, tutto quanto ha qualcosa di coinvolgente, di magico: ma questa è un’altra storia ! Grazie, e alla prossima !
Cesare Lesi